La città del post-emergenza. Riflessioni sparse.

di Jacopo Carbonieri

Siamo finalmente entrati nella Fase 2, il momento in cui avevamo in molti sperato di vedere i lacci allentati. Le misure, invece, sono ancora stringenti, alcune anche discutibili: il termine “congiunti” che include i nipoti dei trisavoli – davvero! – ma non gli amici, emblema di una società ancora fortemente impostata sui legami familiari e non concepisce che individui lontano dai propri “congiunti”, per motivi lavorativi o per scelta personale, si siano costruiti i loro affetti stabili fuori da questi confini; la non differenziazione tra regioni, con la conseguenza che ognuna spinge per andare di testa propria; l’autocertificazione anche all’interno del proprio comune; i negozi al dettaglio chiusi mentre le altre attività produttive ripartono e la grande distribuzione non ha mai smesso di funzionare. Molto si è detto sul fatto che bisognerà convivere con il virus – sono stati diffusi anche scenari catastrofici in caso di seconda ondata – ,sulla mancanza di informazioni per quanto riguarda tamponi e test sierologici. Molto meno si è detto sulle nostre città, come cambieranno nel futuro e se questi cambiamenti saranno permanenti o meno.

La ciclabile progettata per Corso Buenos Aires.

L’idea di città dell’immediato post coronavirus è oggetto di profonde riflessioni ovunque. Il paradosso più evidente è che la città dei pedoni e delle biciclette, presentata finora come la rivincita dello spazio pubblico nel suo ruolo di aggregatore sociale, oggi diventa la stessa città che riesce a garantire il distanziamento sociale – nuovo dogma per chissà quanto tempo -: questa è solo l’ennesima riprova della versatilità di un modello tanto avversato da molti cultori nostrani delle auto, ma che dimostra le sue enormi potenzialità. Vilnius, anche a scopo turistico sia chiaro, ha deciso di trasformare la città in un bar a cielo aperto concedendo lo spazio pubblico gratuitamente ai locali in modo da garantire la distanza richiesta di due metri, Milano restringe le carreggiate e disegna piste ciclabili su assi stradali finora considerati intoccabili. Da ogni parte piovono idee di zone 30, pedonalizzazioni, play streets e chi più ne ha più ne metta: finalmente. Già nella metà degli anni ’50 Ludwig Mies van der Rohe e Ludwig Hilberseimer progettavano a Lafayette Park, Detroit, un percorso casa-scuola che non prevedesse mai un attraversamento pedonale. Magari ci arriveremo anche noi a qualcosa di simile.

Vilnius (dal Corriere della Sera)

Il post-emergenza non può però essere solo questo. L’esigenza del distanziamento sociale implica anche una redistribuzione temporale dell’uso dello spazio pubblico. Se da un lato sicuramente la quantità di spazio pubblico deve aumentare, è altrettanto vero che una densità d’uso molto ridotta esigerà lo scaglionamento l’utilizzo, che dovrà essere spalmato su un tempo più lungo. Anche in questo caso, alcune proposte non certo originali in campo di politiche urbane, come l’utilizzo degli spazi (aperti e chiusi) scolastici fuori dall’orario tradizionale, vanno esattamente nella direzione di ampliare la quantità di spazio disponibile utilizzandolo per un tempo maggiore.

Una piccolo esempio dall’esterno oriente: Hanoi non è una città che brilla per quantità e uso dello spazio pubblico – sicuramente un uso affascinante ma non ne farei a cambio -. Di fronte all’hotel in cui ho soggiornato si trovava una scuola con un grande spiazzo, chiusa dentro alte mura e invisibile dalla strada, ma non dal tredicesimo piano dell’hotel, un edificio alto e stretto come quelli che caratterizzano la città. Ecco, tutte le mattine, prima delle 7, prima che le lezioni iniziassero, un esercito di bambini si riuniva – al diavolo il distanziamento sociale in quel caso – e giocava prima dell’inizio delle lezioni in uno dei rarissimi spazi aperti della città. Alle 6.30 di mattina.

È chiaro che si tratta di un esempio e il vero problema della desincronizzazione sono gli orari lavorativi, il che apre una parentesi sul tema dello smart working e, di riflesso, della casa. Per sintetizzare, la casa non è per tutti adatta alle proprie esigenze e il lavoro da casa può essere vissuto come un ulteriore disagio. Questo per dire che, quando si parla di accesso alla casa, si ricominci, per pietà, a discutere sia di quantità che di qualità – Antonio Tosi docet -. Per non parlare di chi la casa non ce l’ha, situazioni che spesso sono il risultato di una somma di problematiche che rendono la marginalità una condizione di non ritorno, purtroppo difficili anche solo da approcciare.

Il lavoro dunque, che con i suoi ritmi scandisce le giornate, crea una routine e impatta sulle città con gli esodi quotidiani di tragitto casa-lavoro nelle cosiddette ore di punta. I mezzi pubblici, che da modello di trasporto urbano, sono diventati – o diventeranno – un contenitore di paure dettate da un nemico invisibile, non potranno più assolvere a tutto tondo alla funzione di trasporto casa-lavoro; un trasferimento massiccio all’uso delle auto è evidentemente fisicamente impossibile, è apprezzabile la scelta di incentivare l’uso della bicicletta, perché di scelta si tratta e si sarebbe anche potuti intervenire diversamente – certo, su questo sarebbe auspicabile che la bontà della scelta si espanda anche fuori di confini milanesi…-, ma è quanto più evidente che non può essere una soluzione adatta a tutte le esigenze.

Il tema che si pone è modificare ritmi e tragitti urbani quotidiani. Lo smart working è chiaramente una prima soluzione, ma, appunto, non è una soluzione universale. Ecco che allora emerge una nuova potenzialità dei coworking, spazi di lavoro collettivo – da riorganizzare ovviamente secondo le regole del distanziamento sociale – che, oltre a garantire la contaminazione delle idee e uno spazio di lavoro economico a giovani professionisti, possono servire da collettore per chi non ha uno spazio adatto nella propria casa e, allo stesso tempo, non si reca al proprio posto di lavoro per tutti i motivi che abbiamo detto; dislocare simili servizi omogeneamente sul territorio, come servizi di prossimità, potrebbe, anche fuori dall’emergenza, modificare ritmi, orari e tragitti ormai considerati inevitabili.

L’ultimo tema di queste riflessioni, è proprio il tema della prossimità dei servizi. Il divieto di uscire dal proprio comune o di allontanarsi oltre un tot dalla propria abitazione se non per comprovate esigenze ha dimostrato l’importanza di avere vicino i servizi, intesi sia come servizi pubblici come scuole e presidi sanitari, sia come negozi di vicinato per le esigenze quotidiane. Questi ultimi sono stati tra i più colpiti dalla crisi, e la riapertura rimandata è effettivamente un macigno non indifferente sulle speranze di ripresa. In qualche modo si sono reinventati con le consegne a domicilio e, nell’ottica di limitare gli spostamenti e risintonizzare ritmi e orari della giornata, questo può essere uno spunto per superare una crisi che già attanagliava il commercio al dettaglio: che ci piaccia o no, il successo delle vendite online dimostra che l’acquisto ai nostri giorni non presume più la visione preventiva del prodotto, allo stesso tempo però sta ancora a cuore il rapporto tra venditore e cliente tipico del commercio al dettaglio. Questo rapporto, che sarà messo in crisi dalle paure del contatto nel bene o nel male interiorizzate, può essere mantenuto a distanza tramite applicazioni di vendite online che riuniscano i commercianti di un comune, una strada, una piazza, creando cataloghi dei negozianti di fiducia, che facciano concorrenza ai colossi del web. Dal tema delle vendite online e delle spedizioni in generale si potrebbero sviluppare ragionamenti sulle modalità, sui mezzi, sugli orari e sui percorsi migliori – orari o corsie dedicati, cargobike, punti di raccolta, ecc. -, insomma i temi non finiscono certo qui e da ognuno ne scaturiscono altri a volontà. Una nuova tranche di riflessioni potrà nascere una volta che saremo nel cuore della Fase 2.

Emergenza Coronavirus: difendiamo il Nord Milano!

IL PARTITO DEMOCRATICO ZONA NORD-EST MILANESE E LE LISTE DI CENTROSINISTRA E CIVICHE CHIEDONO UN’AZIONE CONGIUNTA DI TUTTI I SINDACI DELLA ZONA NEI CONFRONTI DI REGIONE LOMBARDIA 

Il Partito Democratico Zona Nord-Est Milanese e le liste di centrosinistra e civiche in questi giorni hanno sostenuto e rilanciato con senso di responsabilità tutte le misure prese da Governo, Regione e Comuni per affrontare l’emergenza COVID-19.

La nostra zona ha alcune caratteristiche che rendono quest’emergenza particolarmente complessa da gestire, tra esse l’elevata densità abitativa e l’alta età media della popolazione. Vista la rapida crescita dei contagi nei nostri comuni, chiediamo che si faccia di più e meglio per difendere e proteggere il nostro territorio.

Chiediamo ai Sindaci una azione coordinata verso Regione Lombardia per mettere in pratica alcune urgenti misure:

  • tutto il personale in prima linea deve ricevere i dispositivi di protezione individuale;
  • è necessario attivare al più presto un serio programma di monitoraggio puntuale su tutti i contatti stretti dei contagiati e uno screening sugli operatori sanitari;
  • bisogna dare maggiore sostegno agli ospedali del nostro territorio che al momento vivono una situazione di sofferenza con particolare riferimento alle esigenze di personale e strumentazioni sanitarie;
  • alla luce dell’elevato numero di RSA presenti sul territorio è necessario, per evitare di esporre gli ospiti anziani a inutili rischi, trovare luoghi alternativi dove ospitare i pazienti sub-acuti e post ricovero per Covid-19.

Chiediamo inoltre ai nostri sindaci alcune azioni immediate e dirette:

  • è necessario un maggiore coinvolgimento e coordinamento di tutte le risorse del territorio, a partire dalle associazioni di volontariato presenti nei nostri comuni;
  • è necessario un maggiore coordinamento tra i comuni, con particolare attenzione ai controlli delle zone limitrofe e alla coerenza delle ordinanze;
  • è necessaria un’ampia collaborazione istituzionale coinvolgendo tutti i rappresentanti politici di maggioranza e minoranza nelle attività di gestione dell’emergenza.

Coscienti della gravità del momento e certi del massimo impegno di tutte le forze in campo, chiediamo a tutti i sindaci e a Regione Lombardia una risposta rapida ed efficace.

Per il Partito Democratico:

Carlo Vitti – Coordinatore PD Zona Nord Est Milanese

Roberta Perego – Capogruppo PD Sesto San Giovanni

Andrea Catania – Capogruppo PD Cinisello Balsamo

Giovanni Cocciro – Capogruppo PD Cologno Monzese

Daniela Caputo – Capogruppo PD Paderno Dugnano

Lorenzo Frigerio – Capogruppo PD Bresso

Fabrizio Vangelista – Capogruppo PD Cormano

Annamaria Bergomi – Capogruppo PD Cusano Milanino

Per le liste civiche di centrosinistra:

Savino Gianvecchio – Lista Sesto al Primo Posto

Mirco Pala e Gianfranca Duca per Cinisello Balsamo Civica

Nadia Rosa e Massimo Bricchi per La Città Giusta – Sinistra per Cinisello Balsamo

Loredana Verdino – Cologno Solidale e Democratica

Valerio Testa – Lista Civica Paderno Dugnano Futura

Pasquale Romano – Sinistra Unita Bressese

Veronica Valenti – Lista Civica Bresso C’è

Ermes Riva – Lista Manni Bresso

Lidia Arduino – Lista Civica Fare di Più Cusano Milanino

Silvia Maria Casati – Cusano Milanino Ambientalista e Solidale